FELIX
L'ambito d'intervento riguarda la riqualificazione di un servizio residenziale, Comunità Felix, per adolescenti di età compresa tra i 12 ed i 18 anni provenienti dai Servizi Sociali e/o dal circuito penale. La Comunità è situata in Roma, via Torrespaccata n°157, nello stabile dell'ex ENAOLI, oggi centro polifunzionale dove sono presenti anche:
- un Istituto Professionale per le Arti grafiche;
- un centro alloggio per anziani;
- un centro di accoglienza per donne che hanno subito violenze;
- un centro di Pronto Intervento per Minori;
- un ambulatorio della USL;
- la sede della Società Sportiva Torremaura..
Come destinatari finali dell'intervento sono stati identificati gli adolescenti compresi nella fascia d'età 12–18 anni segnalati dall'Ufficio Minori o inviati dal Tribunale per i Minorenni.
Dall'esperienza acquisita si è constato che i minori si caratterizzano per problematiche molto simili, data la provenienza da un contesto familiare multiproblematico e contesto sociale emarginante.
Nella quali totalità dei casi si è constata l'assenza di una delle due figure genitoriali, per motivi legati essenzialmente a:
1) disturbi psichici
2) tossicodipendenze e alcoolismo
3) condotte antisociali.
Un altro dato emergente è un elevato numero di minori stranieri (più del 50%), fra cui una considerevole percentuale priva di riferimenti parentali. Negli ultimi anni ha ospitato prevalentemente minori stranieri.
I dati evidenziano la necessità di far fronte sia ad esigenze che bisogni di tipo primario che all'esigenza di provvedere all’inserimento sociale del minore, oltre che all'acquisizione di mezzi di sostentamento prima del compimento del diciottesimo anno d'età. Questa necessità è tanto più urgente se si considera che, con il raggiungimento della maggiore età, vengono a mancare tutte le tutele previste dal nostro ordinamento giuridico; tale preoccupazione è condivisa dal più ampio dibattito a livello governativo sulla rivisitazione delle norme specifiche riguardanti il target dell’intervento. Il numero massimo di minori ammessi attualmente è di 6 per quelli inviati dal S.S. del Comune di Roma, e 2 per quelli inviati dal T.M. Per quanto riguarda i destinatari intermedi possiamo intendere quelle figure che verranno attivate per raggiungere gli scopi prefissati. Pensiamo quindi a persone o strutture coinvolte nell'intervento sul minore; la scuola, ad esempio, sembra porsi come un destinatario intermedio perchè solo attraverso un lavoro con essa e su di essa si può pensare che questa abbia un effetto sul minore, che per la sua storia non ha potuto utilizzarla come agenzia non solo formativa ma anche socializzante e proponente certi modelli e valori. Per gli stessi motivi pensiamo ad agenzie lavorative o di inserimento al lavoro o formative, le quali possano produrre un modello di vita rispondente alle esigenze del minore. Parallelamente esistono agenzie più di tipo aggregativo che propongono stili di vita diversi da quelli che il minore ha sempre conosciuto, nella direzione di una maggiore integrazione sociale, sempre nell'ottica di proporre stili di vita alternativi in cui il minore possa riconoscere una propria collocazione. Solo attraverso un intervento su queste istituzioni volte ad una sensibilizzazione al problema, e alla fornitura di adeguati strumenti di lettura e di intervento sulla situazione, si può pensare che un lavoro di accoglienza di certi bisogni forniti dalla Comunità possa essere completo. In generale, l'intervento è rivolto a proporre al minore un ambiente favorente la socializzazione e l'interiorizzazione di modelli sociali adeguati che nella vita sono stati usualmente carenti. Tutto ciò viene messo in atto attraverso un regime di vita che comprende dei momenti comunitari di vita condivisa e attività esterne di tipo scolastico, lavorativo e socializzante. Il fine è quello di produrre una esperienza che possa generare un cambiamento anche a lungo termine, in funzione di un passaggio a regimi di vita che eviti pratiche emarginanti; in tal senso, il lavoro con i singoli minori viene mirato in rispondenza alle diverse necessità. Per ragazzi per i quali si presuppone una permanenza in comunità medio lunga si ipotizzano una serie di interventi che spaziano dalla formazione scolastica all'intervento familiare, alle attività esterne più prettamente socializzanti. Per i minori per i quali è prevista una permanenza breve, specialmente per quelli inviati dal Ministero di Grazia e Giustizia sono previste attività socialmente utili esterne o di tirocinio lavorativo. Quindi, il lavoro prima descritto è incentrato sull'accoglienza dei bisogni primari del minore, che vanno intesi non solo di assistenza materiale, ma anche e soprattutto di attenzione a quei bisogni di tipo psicologico, di relazione e di accoglienza di quei bisogni infantili, che l'adolescente presenta, tanto più se ha alle spalle una storia di emarginazione e abbandono. La comunità Felix si trova ad affrontare e a rispondere pertanto a tutte una serie di richieste esplicite ed implicite, che devono essere decodificate, a cui talvolta solo in parte può dare una risposta a causa del fatto che non sempre usufruisce di una delega a farsi carico di situazioni che esulano dall'accoglimento dei bisogni sopra descritti. Per entrare nello specifico, una situazione che si presenta puntualmente è quella relativa alle dimissioni del minore. La comunità si trova a essere fino ad un certo punto l'unico punto di riferimento per un ragazzo, per poi passare ad essere solo un ricordo. Come dire che il raggiungimento della maggiore età "magicamente" cancella problemi, difficoltà presenti sino al giorno prima. Oppure, nel caso dei minori del penale, reinserisce paradossalmente il soggetto in quel contesto familiare e sociale che ha favorito, se non creato l'aspetto deviante. Un problema analogo si presenta all'ingresso del minore in comunità; come immaginare infatti che una persona abituata sino al giorno prima ad un certo stile di vita possa adeguarsi ad un altro, fatto di regole, momenti comuni, condivisione di spazi e tempi, senza una adeguata motivazione? La motivazione, si è visto, nasce dal riconoscimento di un bisogno. E questo riconoscimento è possibile solo attraverso un lavoro di conoscenza reciproca e un'analisi del problema e della richiesta, che tra l'altro getta le basi per un intervento capace di un cambiamento. In questo contesto ha un ruolo chiave la famiglia di origine del minore con tutte le richieste implicite ed esplicite. Infatti, tranne nei casi di minori stranieri senza alcun riferimento in Italia, il contesto familiare d'origine è quello che in vario modo, e più o meno adeguatamente ha risposto alle esigenze del minore e che probabilmente lo riassorbirà quando uscirà dalla comunità. E' quindi fondamentale svolgere un lavoro di supporto e, nel caso, di riavvicinamento per evitare quelle situazione di delega totale del minore problematico alla comunità per cercare di ricreare un ambiente in cui ognuno trovi il proprio spazio. Tutto questo, nell'ottica che la famiglia d'origine per quanto inadeguata rimane sempre la famiglia d'origine e la comunità non può sostituirsi ad essa. Può invece funzionare come agenzia che si fa carico di una situazione critica per un certo periodo di tempo, che fornisce quelle risposte e quella qualità di vita che il minore non ha trovato altrove. La Comunità Felix va considerata una fase di un percorso formativo‐pedagogico che si caratterizza, da un lato, attraverso gli interventi che precedono l'invio e quindi l'accoglienza; dall'altro, tramite gli interventi che seguono la fuoriuscita dalla stessa e quindi il processo di reinserimento nelle agenzie primarie (la famiglia e il gruppo dei pari) e in quelle secondarie (scuola, lavoro nonché l'eventuale vita associativa).In tale ottica, la comunità non dovrà svolgere la funzione di ultima risorsa o di contenitore da mettere a disposizione per quelle fasce di adolescenti per le quali non si riesce a trovare una collocazione adeguata, ma svolgerà una funzione di crescita e di sviluppo per quanti possa risultare propulsiva ed efficace al fine di facilitarne il reinserimento sociale. Questa differenza comporta un'attenzione particolare alla fase dell'invio, in quanto dovrà impegnare oltre all'equipe degli operatori della struttura‐servizio inviante, anche quella della comunità di accoglienza. L'intervento quindi, tra le altre cose, dovrà sicuramente porre l’attenzione sulle fasi relative all'accoglienza e alle modalità di prosecuzione del trattamento individuale in regime non residenziale:
Accoglienza
La fase di accoglienza, a partire dal momento che l'equipe del servizio inviante concorda con l'equipe ricevente la modalità di affidamento, assume un carattere centrale in quanto il futuro ospite potrà essere conosciuto dagli operatori della comunità stessa, e quindi essere coinvolto preliminarmente nel processo di inserimento. Nella sostanza, l'ospite verrà preparato al cambiamento di situazione che lo attende e supportato da un processo di accompagnamento che ne faciliti di fatto il passaggio. Nella consapevolezza che l'esperienza comunitaria ha un carattere transitorio, l'utente verrà supportato nella gestione della fase di sganciamento in maniera progressiva e con attenzione, lasciandogli il tempo necessario affinchè maturi la consapevolezza del distacco e del ritorno in famiglia.
Sono previsti quindi:
- Colloqui con i servizi richiedenti per raccogliere la storia del minore, la sua anamnesi ed enucleare gli aspetti che evidenziano l'esigenza della comunità come risposta anzichè altri tipi di intervento. - Colloqui con il minore e la famiglia (dove esista) al fine di aiutare il minore stesso ad optare per una scelta che risponda realmente ai suoi bisogni. (In questa fase l'uso di operatori in grado di avere strumenti diagnostici che preusuppongono la capacità la lettura del mondo interno dell'utente e le sue motivazioni inconsce.) - Formulazione insieme ai servizi, alla famiglia e al minore di un primo "contratto educativo" che verrà consolidato attraverso una fase di preaccoglienza
- Attivazione delle risorse presenti sul territorio e nella vita del ragazzo.
- Coinvolgimento delle figure (dove esistono) che hanno avuto un ruolo ed importanza nella storia del minore (famiglie affidatarie, assistente domicilare, insegnanti ecc.ecc.).
- Incontri all'interno della comunità e visite domiciliari
- Condivisione di un contratto educativo che veda coinvolto in primis il ragazzo e poi tutte le figure di riferimento. Dovranno essere stabiliti incontri periodici di scambio e valutazione dell'intervento con le famiglie e gli operatori sociali della comunità.
Vita comunitaria
Avendo presente un'ottica che tiene conto degli aspetti inconsci dell'individuo, possiamo affermare che gli aspetti partecipativi e di responsabilizzazione della vita comunitaria, non si basano solo su momenti educativi come la partecipazione e la condivisione delle pulizie, spazi personali, ma sulla creazione di uno spazio di gruppo che privilegi il pensare e non l'agire, uno spazio d'ascolto che sia un primo momento di condivisione e comprensione sulle motivazioni dell'agire. Tale gruppo utilizzerà alcune tecniche psicodinamiche che prevedono la costruzione della rappresentazione del "come se".
Sono previsti anche incontri individuali periodici sempre nell'ottica dell'ascolto. Parallelamente verranno strutturate attività interne ed esterne. Quelle interne comprenderanno:
1. gruppo di animazione in chiave psicodinamica;
2. incontri individuali finalizzati alla riflessione e valorizzazione della esperienza comunitaria;
3. laboratorio di lettura incentrato sulla stampa quotidiana e di testi letterari di facile accesso;
4. laboratorio musicale che preveda non solo l'ascolto ma l'uso e la conoscenza di strumenti musicali;
5. laboratorio di espressione corporea che comprenda la partecipazione attiva degli utenti;
6. cineforum casalingo attraverso il supporto televisivo (videocassette);
7. laboratorio informatico multimediale
Dimissioni
La fase di accompagnamento al rientro in famiglia non termina con la fuoriuscita dalla comunità ma continua in maniera discreta, attiva e partecipante anche successivamente. Nei casi in cui invece il ragazzo raggiunga la maggiore età e pertanto decida di non rientrare in famiglia, oppure nei casi in cui la famiglia non è disponibile o è addirittura assente, il processo di sganciamento dalla comunità assumerà forme necessariamente differenti. Si tratterà infatti di progettare la fase di sganciamento prevedendo l'attivazione di risorse sia abitative che lavorative in grado di garantire la possibilità di sviluppare un percorso autonomo da parte degli interessati. Si dovrà comunque prevedere un accompagnamento con una figura di riferimento di un educatore per circa sei mesi, sia nel caso di un rientro in famiglia, sia nel caso il ragazzo trovi una sistemazione autonoma.
L'integrazione con il territorio in cui è collocata la Comunità Felix si basa sui contatti ed i rapporti già avviati:
1. nel 1995 si è avviata una collaborazione costante con l'Associazione Sportiva "Torre Maura", che ha permesso l'inserimento di diversi minori nelle attività svolte;
2. nel 1996 con la Polisportiva "Jubikai" si è attivata una collaborazione che ha permesso ad un'ospite della comunità di seguire un addestramento a livello agonistico, ancora in corso;
3. nel 1996 si è attivata la collaborazione con le Scuole Evangeliche finalizzata all'inserimento degli ospiti stranieri in corsi di alfabetizzazione per la lingua italiana;
4. nel 1996 si è attivata la collaborazione con la Cooperativa Sociale "Parsec Flor", che ha garantito l'inserimento lavorativo di un minore , che successivamente è stato assunto regolarmente;
5. nel 1997 in collaborazione con il CIS si è provveduto ad inserire minori nei corsi professionali da loro realizzati;
6. nel 1997 in collaborazione con il Centro di formazione CEFME, si sono inseriti alcuni minori in corsi professionali. In questo quadro, lo sviluppo dell'integrazione con il territorio relativo ad una struttura residenziale presuppone innanzitutto una salda collaborazione tra la comunità di accoglienza e i servizi sociali, in un’ottica di lavoro che superi i limiti di un rapporto istituzionale che si semplifica nell'affidamento, la vigilanza e dimissione del minore, seguendo una tradizionale logica di delega verso la comunità. Comunità che, se vuole superare il limite dell'autoreferenzialità deve aprirsi per scoprire e conoscere meglio le risorse presenti nel territorio al fine di acquisire nuove possibilità di crescita di intervento e di scambio, permettendo così una multifunzionalità delle proprie esperienze. Ciò presuppone la realizzazione di un lavoro di rete che si ponga non solo di fronte al ragazzo ma al suo fianco per camminare insieme a lui e quindi seguirlo, guidarlo durante le tappe che segneranno il suo percorso di crescita portandolo verso una sua matura autonomia. In tale percorso verranno coinvolte tutte quelle figure principali che ruotano attorno al minore (ass. sociali, educatori, famiglia, scuola, medico, psicologo). Non limitando, quindi, il rapporto a due protagonisti (la comunità e il ragazzo) ma allargando la relazione verso più figure, professionali e non. In questo modo il ragazzo non è affidato solo alla comunità ma si relaziona con tutta una serie di interlocutori sociorelazionali di cui ha bisogno per crescere sia all'interno che all'esterno della struttura.
Quest’ultima diviene così una risorsa per il territorio assumendo, all'interno di un concreto lavoro di rete, un preciso ruolo come agenzia per la formazione e per il lavoro.Nel coordinamento di questo servizio di rete periodicamente dovranno essere effettuati degli incontri per conoscere, progettare, verificare ed eventualmente modificare il piano d'intervento sul minore .
I risultati attesi attraverso la realizzazione del presente progetto sono i seguenti:
1. sviluppo dell'integrazione tra Comunità Felix e i servizi sociali e sanitari, attraverso la piena presa in carico delle problematiche del minore e non soltanto di alcune emergenze e/o specifiche;
2. migliorare l'integrazione con il territorio affinchè sia possibile ricercare percorsi che permettano ai minori in uscita dalla comunità di attivare forme di auto mantenimento economico, anche in misura parziale;
3. definire approcci metodologici e strumentali per la valutazione dell'efficacia degli interventi.
- un Istituto Professionale per le Arti grafiche;
- un centro alloggio per anziani;
- un centro di accoglienza per donne che hanno subito violenze;
- un centro di Pronto Intervento per Minori;
- un ambulatorio della USL;
- la sede della Società Sportiva Torremaura..
Come destinatari finali dell'intervento sono stati identificati gli adolescenti compresi nella fascia d'età 12–18 anni segnalati dall'Ufficio Minori o inviati dal Tribunale per i Minorenni.
Dall'esperienza acquisita si è constato che i minori si caratterizzano per problematiche molto simili, data la provenienza da un contesto familiare multiproblematico e contesto sociale emarginante.
Nella quali totalità dei casi si è constata l'assenza di una delle due figure genitoriali, per motivi legati essenzialmente a:
1) disturbi psichici
2) tossicodipendenze e alcoolismo
3) condotte antisociali.
Un altro dato emergente è un elevato numero di minori stranieri (più del 50%), fra cui una considerevole percentuale priva di riferimenti parentali. Negli ultimi anni ha ospitato prevalentemente minori stranieri.
I dati evidenziano la necessità di far fronte sia ad esigenze che bisogni di tipo primario che all'esigenza di provvedere all’inserimento sociale del minore, oltre che all'acquisizione di mezzi di sostentamento prima del compimento del diciottesimo anno d'età. Questa necessità è tanto più urgente se si considera che, con il raggiungimento della maggiore età, vengono a mancare tutte le tutele previste dal nostro ordinamento giuridico; tale preoccupazione è condivisa dal più ampio dibattito a livello governativo sulla rivisitazione delle norme specifiche riguardanti il target dell’intervento. Il numero massimo di minori ammessi attualmente è di 6 per quelli inviati dal S.S. del Comune di Roma, e 2 per quelli inviati dal T.M. Per quanto riguarda i destinatari intermedi possiamo intendere quelle figure che verranno attivate per raggiungere gli scopi prefissati. Pensiamo quindi a persone o strutture coinvolte nell'intervento sul minore; la scuola, ad esempio, sembra porsi come un destinatario intermedio perchè solo attraverso un lavoro con essa e su di essa si può pensare che questa abbia un effetto sul minore, che per la sua storia non ha potuto utilizzarla come agenzia non solo formativa ma anche socializzante e proponente certi modelli e valori. Per gli stessi motivi pensiamo ad agenzie lavorative o di inserimento al lavoro o formative, le quali possano produrre un modello di vita rispondente alle esigenze del minore. Parallelamente esistono agenzie più di tipo aggregativo che propongono stili di vita diversi da quelli che il minore ha sempre conosciuto, nella direzione di una maggiore integrazione sociale, sempre nell'ottica di proporre stili di vita alternativi in cui il minore possa riconoscere una propria collocazione. Solo attraverso un intervento su queste istituzioni volte ad una sensibilizzazione al problema, e alla fornitura di adeguati strumenti di lettura e di intervento sulla situazione, si può pensare che un lavoro di accoglienza di certi bisogni forniti dalla Comunità possa essere completo. In generale, l'intervento è rivolto a proporre al minore un ambiente favorente la socializzazione e l'interiorizzazione di modelli sociali adeguati che nella vita sono stati usualmente carenti. Tutto ciò viene messo in atto attraverso un regime di vita che comprende dei momenti comunitari di vita condivisa e attività esterne di tipo scolastico, lavorativo e socializzante. Il fine è quello di produrre una esperienza che possa generare un cambiamento anche a lungo termine, in funzione di un passaggio a regimi di vita che eviti pratiche emarginanti; in tal senso, il lavoro con i singoli minori viene mirato in rispondenza alle diverse necessità. Per ragazzi per i quali si presuppone una permanenza in comunità medio lunga si ipotizzano una serie di interventi che spaziano dalla formazione scolastica all'intervento familiare, alle attività esterne più prettamente socializzanti. Per i minori per i quali è prevista una permanenza breve, specialmente per quelli inviati dal Ministero di Grazia e Giustizia sono previste attività socialmente utili esterne o di tirocinio lavorativo. Quindi, il lavoro prima descritto è incentrato sull'accoglienza dei bisogni primari del minore, che vanno intesi non solo di assistenza materiale, ma anche e soprattutto di attenzione a quei bisogni di tipo psicologico, di relazione e di accoglienza di quei bisogni infantili, che l'adolescente presenta, tanto più se ha alle spalle una storia di emarginazione e abbandono. La comunità Felix si trova ad affrontare e a rispondere pertanto a tutte una serie di richieste esplicite ed implicite, che devono essere decodificate, a cui talvolta solo in parte può dare una risposta a causa del fatto che non sempre usufruisce di una delega a farsi carico di situazioni che esulano dall'accoglimento dei bisogni sopra descritti. Per entrare nello specifico, una situazione che si presenta puntualmente è quella relativa alle dimissioni del minore. La comunità si trova a essere fino ad un certo punto l'unico punto di riferimento per un ragazzo, per poi passare ad essere solo un ricordo. Come dire che il raggiungimento della maggiore età "magicamente" cancella problemi, difficoltà presenti sino al giorno prima. Oppure, nel caso dei minori del penale, reinserisce paradossalmente il soggetto in quel contesto familiare e sociale che ha favorito, se non creato l'aspetto deviante. Un problema analogo si presenta all'ingresso del minore in comunità; come immaginare infatti che una persona abituata sino al giorno prima ad un certo stile di vita possa adeguarsi ad un altro, fatto di regole, momenti comuni, condivisione di spazi e tempi, senza una adeguata motivazione? La motivazione, si è visto, nasce dal riconoscimento di un bisogno. E questo riconoscimento è possibile solo attraverso un lavoro di conoscenza reciproca e un'analisi del problema e della richiesta, che tra l'altro getta le basi per un intervento capace di un cambiamento. In questo contesto ha un ruolo chiave la famiglia di origine del minore con tutte le richieste implicite ed esplicite. Infatti, tranne nei casi di minori stranieri senza alcun riferimento in Italia, il contesto familiare d'origine è quello che in vario modo, e più o meno adeguatamente ha risposto alle esigenze del minore e che probabilmente lo riassorbirà quando uscirà dalla comunità. E' quindi fondamentale svolgere un lavoro di supporto e, nel caso, di riavvicinamento per evitare quelle situazione di delega totale del minore problematico alla comunità per cercare di ricreare un ambiente in cui ognuno trovi il proprio spazio. Tutto questo, nell'ottica che la famiglia d'origine per quanto inadeguata rimane sempre la famiglia d'origine e la comunità non può sostituirsi ad essa. Può invece funzionare come agenzia che si fa carico di una situazione critica per un certo periodo di tempo, che fornisce quelle risposte e quella qualità di vita che il minore non ha trovato altrove. La Comunità Felix va considerata una fase di un percorso formativo‐pedagogico che si caratterizza, da un lato, attraverso gli interventi che precedono l'invio e quindi l'accoglienza; dall'altro, tramite gli interventi che seguono la fuoriuscita dalla stessa e quindi il processo di reinserimento nelle agenzie primarie (la famiglia e il gruppo dei pari) e in quelle secondarie (scuola, lavoro nonché l'eventuale vita associativa).In tale ottica, la comunità non dovrà svolgere la funzione di ultima risorsa o di contenitore da mettere a disposizione per quelle fasce di adolescenti per le quali non si riesce a trovare una collocazione adeguata, ma svolgerà una funzione di crescita e di sviluppo per quanti possa risultare propulsiva ed efficace al fine di facilitarne il reinserimento sociale. Questa differenza comporta un'attenzione particolare alla fase dell'invio, in quanto dovrà impegnare oltre all'equipe degli operatori della struttura‐servizio inviante, anche quella della comunità di accoglienza. L'intervento quindi, tra le altre cose, dovrà sicuramente porre l’attenzione sulle fasi relative all'accoglienza e alle modalità di prosecuzione del trattamento individuale in regime non residenziale:
Accoglienza
La fase di accoglienza, a partire dal momento che l'equipe del servizio inviante concorda con l'equipe ricevente la modalità di affidamento, assume un carattere centrale in quanto il futuro ospite potrà essere conosciuto dagli operatori della comunità stessa, e quindi essere coinvolto preliminarmente nel processo di inserimento. Nella sostanza, l'ospite verrà preparato al cambiamento di situazione che lo attende e supportato da un processo di accompagnamento che ne faciliti di fatto il passaggio. Nella consapevolezza che l'esperienza comunitaria ha un carattere transitorio, l'utente verrà supportato nella gestione della fase di sganciamento in maniera progressiva e con attenzione, lasciandogli il tempo necessario affinchè maturi la consapevolezza del distacco e del ritorno in famiglia.
Sono previsti quindi:
- Colloqui con i servizi richiedenti per raccogliere la storia del minore, la sua anamnesi ed enucleare gli aspetti che evidenziano l'esigenza della comunità come risposta anzichè altri tipi di intervento. - Colloqui con il minore e la famiglia (dove esista) al fine di aiutare il minore stesso ad optare per una scelta che risponda realmente ai suoi bisogni. (In questa fase l'uso di operatori in grado di avere strumenti diagnostici che preusuppongono la capacità la lettura del mondo interno dell'utente e le sue motivazioni inconsce.) - Formulazione insieme ai servizi, alla famiglia e al minore di un primo "contratto educativo" che verrà consolidato attraverso una fase di preaccoglienza
- Attivazione delle risorse presenti sul territorio e nella vita del ragazzo.
- Coinvolgimento delle figure (dove esistono) che hanno avuto un ruolo ed importanza nella storia del minore (famiglie affidatarie, assistente domicilare, insegnanti ecc.ecc.).
- Incontri all'interno della comunità e visite domiciliari
- Condivisione di un contratto educativo che veda coinvolto in primis il ragazzo e poi tutte le figure di riferimento. Dovranno essere stabiliti incontri periodici di scambio e valutazione dell'intervento con le famiglie e gli operatori sociali della comunità.
Vita comunitaria
Avendo presente un'ottica che tiene conto degli aspetti inconsci dell'individuo, possiamo affermare che gli aspetti partecipativi e di responsabilizzazione della vita comunitaria, non si basano solo su momenti educativi come la partecipazione e la condivisione delle pulizie, spazi personali, ma sulla creazione di uno spazio di gruppo che privilegi il pensare e non l'agire, uno spazio d'ascolto che sia un primo momento di condivisione e comprensione sulle motivazioni dell'agire. Tale gruppo utilizzerà alcune tecniche psicodinamiche che prevedono la costruzione della rappresentazione del "come se".
Sono previsti anche incontri individuali periodici sempre nell'ottica dell'ascolto. Parallelamente verranno strutturate attività interne ed esterne. Quelle interne comprenderanno:
1. gruppo di animazione in chiave psicodinamica;
2. incontri individuali finalizzati alla riflessione e valorizzazione della esperienza comunitaria;
3. laboratorio di lettura incentrato sulla stampa quotidiana e di testi letterari di facile accesso;
4. laboratorio musicale che preveda non solo l'ascolto ma l'uso e la conoscenza di strumenti musicali;
5. laboratorio di espressione corporea che comprenda la partecipazione attiva degli utenti;
6. cineforum casalingo attraverso il supporto televisivo (videocassette);
7. laboratorio informatico multimediale
Dimissioni
La fase di accompagnamento al rientro in famiglia non termina con la fuoriuscita dalla comunità ma continua in maniera discreta, attiva e partecipante anche successivamente. Nei casi in cui invece il ragazzo raggiunga la maggiore età e pertanto decida di non rientrare in famiglia, oppure nei casi in cui la famiglia non è disponibile o è addirittura assente, il processo di sganciamento dalla comunità assumerà forme necessariamente differenti. Si tratterà infatti di progettare la fase di sganciamento prevedendo l'attivazione di risorse sia abitative che lavorative in grado di garantire la possibilità di sviluppare un percorso autonomo da parte degli interessati. Si dovrà comunque prevedere un accompagnamento con una figura di riferimento di un educatore per circa sei mesi, sia nel caso di un rientro in famiglia, sia nel caso il ragazzo trovi una sistemazione autonoma.
L'integrazione con il territorio in cui è collocata la Comunità Felix si basa sui contatti ed i rapporti già avviati:
1. nel 1995 si è avviata una collaborazione costante con l'Associazione Sportiva "Torre Maura", che ha permesso l'inserimento di diversi minori nelle attività svolte;
2. nel 1996 con la Polisportiva "Jubikai" si è attivata una collaborazione che ha permesso ad un'ospite della comunità di seguire un addestramento a livello agonistico, ancora in corso;
3. nel 1996 si è attivata la collaborazione con le Scuole Evangeliche finalizzata all'inserimento degli ospiti stranieri in corsi di alfabetizzazione per la lingua italiana;
4. nel 1996 si è attivata la collaborazione con la Cooperativa Sociale "Parsec Flor", che ha garantito l'inserimento lavorativo di un minore , che successivamente è stato assunto regolarmente;
5. nel 1997 in collaborazione con il CIS si è provveduto ad inserire minori nei corsi professionali da loro realizzati;
6. nel 1997 in collaborazione con il Centro di formazione CEFME, si sono inseriti alcuni minori in corsi professionali. In questo quadro, lo sviluppo dell'integrazione con il territorio relativo ad una struttura residenziale presuppone innanzitutto una salda collaborazione tra la comunità di accoglienza e i servizi sociali, in un’ottica di lavoro che superi i limiti di un rapporto istituzionale che si semplifica nell'affidamento, la vigilanza e dimissione del minore, seguendo una tradizionale logica di delega verso la comunità. Comunità che, se vuole superare il limite dell'autoreferenzialità deve aprirsi per scoprire e conoscere meglio le risorse presenti nel territorio al fine di acquisire nuove possibilità di crescita di intervento e di scambio, permettendo così una multifunzionalità delle proprie esperienze. Ciò presuppone la realizzazione di un lavoro di rete che si ponga non solo di fronte al ragazzo ma al suo fianco per camminare insieme a lui e quindi seguirlo, guidarlo durante le tappe che segneranno il suo percorso di crescita portandolo verso una sua matura autonomia. In tale percorso verranno coinvolte tutte quelle figure principali che ruotano attorno al minore (ass. sociali, educatori, famiglia, scuola, medico, psicologo). Non limitando, quindi, il rapporto a due protagonisti (la comunità e il ragazzo) ma allargando la relazione verso più figure, professionali e non. In questo modo il ragazzo non è affidato solo alla comunità ma si relaziona con tutta una serie di interlocutori sociorelazionali di cui ha bisogno per crescere sia all'interno che all'esterno della struttura.
Quest’ultima diviene così una risorsa per il territorio assumendo, all'interno di un concreto lavoro di rete, un preciso ruolo come agenzia per la formazione e per il lavoro.Nel coordinamento di questo servizio di rete periodicamente dovranno essere effettuati degli incontri per conoscere, progettare, verificare ed eventualmente modificare il piano d'intervento sul minore .
I risultati attesi attraverso la realizzazione del presente progetto sono i seguenti:
1. sviluppo dell'integrazione tra Comunità Felix e i servizi sociali e sanitari, attraverso la piena presa in carico delle problematiche del minore e non soltanto di alcune emergenze e/o specifiche;
2. migliorare l'integrazione con il territorio affinchè sia possibile ricercare percorsi che permettano ai minori in uscita dalla comunità di attivare forme di auto mantenimento economico, anche in misura parziale;
3. definire approcci metodologici e strumentali per la valutazione dell'efficacia degli interventi.